MARCO MANUSSO Genovese, romano d’adozione, musicista, giornalista, chitarrista, cantante e arrangiatore ha collaborato con: Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Ron, Mimmo Locasciulli, Gianni Morandi, Patty Pravo, Shel Shapiro, Renato Zero, Mariella Nava, Renzo Arbore, Alex Britti, Francesco Renga, Ray Charles, Bob Brozman e Tommy Emmanuel. Da più di vent’anni scrive di musica per varie riviste musicali come Fare Musica, Suono, Audio Review, Guitar Club, Chitarre. Insegna chitarra rock-blues al Saint Louis College of Music dove tiene da molti anni corsi di “Storia della Musica Rock” e “Guitar Technology”. FILOSOFIA A SEI CORDE La chitarra elettrica è uno strumento relativamente giovane che nasce con il rock’n’roll affondando le sue radici nel blues del delta del Mississippi e che usa la sua elettrificazione per generare suoni nuovi e, spesso e volentieri, molto lontani dall’idea dei suoi progettisti a differenza delle chitarra elettrica jazz alla quale per molti anni è bastato solo il concetto di amplificazione per soddisfare i musicisti. Il chitarrista elettrico è riconosciuto nell’ambiente musicale come il più illetterato e ignorante ma che nonostante ciò è sempre riuscito a esprimere le sue idee e il suo talento; ma questo poteva essere tollerato quando il rock’n’roll muoveva i primi passi, quando il rock percorreva nuove strade psichedeliche o quando il branco aveva bisogno di uno strimpellatore per animare le serate intorno ai falò… oggi, in un mondo competitivo e specializzato, è necessario conoscere non solo la storia della chitarra, fatta di eroi, miti ed anarchia ma anche la geografia! Geografia vuol dire imparare a conoscere la tastiera e, ad essere più precisi, si tratta di geometria, di forme di accordi, scale, arpeggi e soprattutto imparare a muoversi in libertà sulla tastiera senza rimanere ancorati a quelle quattro posizioni o alla solita pentatonica minore solo per paura di avventurarsi in territori inesplorati. Chitarristicamente parlando gli anni ’60 hanno visto il boom del three chord wonder, ovvero come scri- vere e suonare qualsiasi canzone con solo tre accordi (ecco le radici del blues) ma oggi che molto è stato detto e soprattutto è stato suonato questo non basta più specialmente per chi si accosta allo strumento come ad una professione che, nonostante sia ancora lontana da un vero riconoscimento, abbia, oltre al fattoreespressivo e ludico, anche un riscontro economicamente gratificante. I media hanno inventato il guitar hero, lo hanno imbottito di droghe fino a convincerlo che una fine prematura era l’unico modo di passare alla storia ma fortunata- mente questa tendenza, che ha scolpito troppi nomi sulle lapidi, oggi non ha più senso e chi si accosta alla chitarra vuole farlo in modo cosciente e rigoroso alla ricerca di un mezzo espressivo e di una cultura musicale in grado di permettergli un inserimento lavorativo nel mondo della musica. “Siamo in missione per conto di Dio” – Jake & Elwood Blues. Questa roboante e blasfema affermazione dei Blues Brothers racchiude lo spirito di tutti quelli che si accostano al proprio strumento, pronti al sacrificio per una missione dai contorni magici. Non servono alcool o stupefacenti per imbarcarsi in questo viaggio ma bastano forza di volontà, talento e uno sforzo continuo per essere sempre all’altezza della situazione. La chitarra ha sicuramente un sex appeal superiore ad altri strumenti, ha una portabilità paragonabile solo a quella di un laptop, ha un fattore di aggregazione altissimo e, soprattutto, si lascia strimpellare molto volentieri ma quando si vuole crescere musicalmente i nostri sforzi si perdono fra i tasti e un generale senso di scoramento ci assale: la tastiera diventa sempre più infida quando si abbandonano le posizioni conosciute e le nostre dita cercano invano di trovare nuove certezze… sembra che le corde siano tese sulle sabbie mobili ed ogni passo in avanti diventa sempre più pericoloso. Qui entra in ballo il “Guitar Coach”, ovvero l’allenatore a sei corde in grado sottolineare i pregi e eliminare i difetti.